• Marina Sereni

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  • 16 aprile 2025

    Vi propongo l'intervista di oggi rilasciata a Umberto De Giovannangeli del quotidiano "l'Unità"

     

     

    “USA, Italia o Europa? Meloni non sa di quale patria è patriota”

     

    “A che titolo va a Washington la premier? Per difendere quali interessi? Quelli di Donald, o quelli dell’Unione? Il riarmo non va nella giusta direzione ed Elly ha tenuto il punto: dialogo non è fragilità”

     

     

     

    Marina Sereni, responsabile Salute e Sanità nella Segreteria nazionale del Partito democratico, già viceministra degli Esteri: “La pace va conquistata con la forza”. È la linea Macron-Starmer-von der Leyen. Ma è questa l’Europa per cui battersi? 

     

    L’aggressione della Russia contro l’Ucraina ha rappresentato una violazione grave del diritto internazionale e ha provocato una rottura profonda nelle relazioni internazionali. L’Europa non poteva e non può che esprimere la sua solidarietà e il suo sostegno concreto all’Ucraina, paese sovrano aggredito. Il bombardamento di Sumy di domenica scorsa dimostra quanto Putin sia ancora distante dal volere davvero negoziare per la pace. L’imprevedibilità della nuova amministrazione Usa e il suo oggettivo disinteresse per la condivisione con gli alleati rendono ancora più urgente un’azione dell’Europa affinché cessino le operazioni militari e si giunga a una pace giusta e duratura in quel teatro. Serve uno scatto in termini di iniziativa diplomatica e politica dell’Unione europea sulla scena mondiale, a partire dai due conflitti più vicini a noi: l’Ucraina e il Medio Oriente. Dobbiamo muoverci verso l’autonomia strategica dell’Europa, verso la politica estera e della difesa comune. Per questo il Pd è stato ed è molto critico sul Piano di Ursula von der Leyen perché promuove il riarmo dei singoli Stati Membri e rischia di allontanare l’obiettivo di una vera difesa comune.

     

     

    Avanti in ordine sparso. Sulle sanzioni, sui soldati da inviare come “forza di rassicurazione” sul fronte ucraino. In questo modo non si regala la pace a Trump? 

     

    Purtroppo, a tre mesi dal suo insediamento alla Casa Bianca non c’è nessuna pace all’orizzonte. Dopo aver umiliato Zelensky in diretta Tv, Trump si era illuso di poter ottenere da Putin l’adesione alla sua proposta di cessate il fuoco. Sta accadendo tutto il contrario, la Russia intensifica le azioni militari e avanza pretese che cominciano ad apparire inaccettabili anche agli occhi degli Usa di Trump. In Medio Oriente Netanyahu ha rotto la tregua e oggi a Gaza non c’è più un ospedale in grado di funzionare, da settimane non entrano gli aiuti umanitari, gli ostaggi israeliani restano nelle mani di Hamas. I 27 Paesi europei, singolarmente presi, non hanno alcuna possibilità di influenzare le scelte sul piano globale. Questo vale anche per i dazi su cui Trump, tra “stop and go”, continua a fondare la sua politica. Siamo alla vigilia della visita della presidente Meloni a Washington: cosa andrà a dire? A nome di chi? Rappresenterà gli interessi dell’Italia, che sono inscindibili da quelli dell’Europa? Da mesi vediamo una maggioranza divisa sulla politica estera: Salvini sempre più contro l’Ue, Tajani che tenta debolmente di far valere l’europeismo di FI. E Giorgia Meloni non sa più di quale Patria essere patriota!

     

     

    C’è fermento nel Partito democratico. Al centro del quale c’è l’Europa. Aldilà dei richiami a Ventotene e ai padri fondatori, il Pd ha una visione e soprattutto una politica condivisa sull’Europa?

    Il Pd, tutto, è un grande partito europeista. Lo siamo dalla nascita: tutte le culture fondatrici del Partito Democratico consideravano come riferimenti uomini e donne che avevano creduto e lottato per il progetto europeo. Voglio ricordare David Sassoli che ha rappresentato e rappresenta oggi un pensiero dinamico, coraggioso, innovativo. Il nostro obiettivo sono gli Stati Uniti d’Europa e portiamo questa spinta anche all’interno della famiglia socialista europea. L’Europa ha il dovere di rendere più forte la sua architettura politica per poter difendere e rinnovare i suoi valori: libertà, giustizia sociale e sviluppo, diritti, pace, democrazia. Tanto più di fronte agli Stati Uniti di Trump che oggi sembrano avviarsi verso una deriva autoritaria e isolazionista, l’Europa deve fare ogni passo possibile per restare la “terra dei diritti”. Bisogna superare il voto all’unanimità, promuovere se necessario delle cooperazioni rafforzate tra i Paesi che sono più pronti.

     

     

    Si sanziona Putin, si evocano interventi armati sul fronte russo-ucraino, mentre l’Europa nulla fa per fermare la mattanza a Gaza voluta da Netanyahu. Due pesi, due misure? 

     

    C’è troppa disattenzione e troppo imbarazzo in sede Ue per quello che sta accadendo a Gaza e in tutto il Medio Oriente anche perché l’Unione europea da molto tempo è divisa sul conflitto in Medio Oriente. Abbiamo votato in tre modi diversi alle Nazioni Unite sulla richiesta di riconoscere lo Stato di Palestina. E purtroppo l’Italia si è accodata alla schiera degli astenuti. Ma come facciamo a mantenere aperta la prospettiva di “Due popoli due Stati” se non si dà ai palestinesi un segnale politico chiaro? Siamo tutti per l’esistenza e la sicurezza di Israele ma come si fa a non vedere che oggi è il governo Netanyahu a negare quella soluzione diplomatica e a tentare di espellere la popolazione palestinese da Gaza e anche da buona parte della Cisgiordania? Ecco perché crediamo sia venuto il momento che l’Europa metta in discussione l’accordo di associazione Ue-Israele per esercitare una pressione politica nei confronti di quel governo e anche per spostare in avanti il dibattito nell’opinione pubblica israeliana. Così come è necessario che l’Europa si impegni per favorire una riforma dell’Autorità Nazionale Palestinese, che deve avere una nuova legittimazione da parte della sua popolazione. Solo così, riaprendo le speranze per un processo politico e diplomatico, sarà possibile indebolire le organizzazioni terroristiche e sconfiggere la violenza. Sanchez si è mosso e ha riconosciuto lo Stato di Palestina, Macron ha lanciato una sua iniziativa… l’unico grande Paese del Mediterraneo che risulta immobile e assente è proprio l’Italia che pure avrebbe una grande tradizione diplomatica verso il Medio Oriente.

     

     

    Per aver marcato una discontinuità con il passato, sul riarmo, il Mediterraneo, la Palestina, Elly Schlein è sotto attacco, della stampa mainstream e anche dentro il Pd. Siamo ad una nuova puntata della serie: come far fuori un altro segretario?  

     

    Sarebbe una follia. La Segretaria ha vinto il congresso su una piattaforma di cambiamento. In particolare, la leadership di Elly Schlein mi sembra si sia caratterizzata sui temi sociali ed economici pensando di dover ricostruire una trama di relazioni e dialogo con quei mondi che si erano sentiti abbandonati dalla sinistra di governo. Mettere al centro la lotta alle diseguaglianze, e far sentire la vicinanza del Pd alle fasce più fragili della nostra società, ha pagato in termini elettorali, come abbiamo visto alle europee e alle recenti elezioni amministrative e regionali. Ciò è stato possibile perché Elly ha anche saputo rispettare il pluralismo interno, coinvolgendo tutte le sensibilità. Se qualcuno ha scambiato questa sua attitudine a ricercare l’unità del Pd attraverso il confronto e il dibattito per una “debolezza” credo abbia sbagliato i conti. La discussione e il confronto interno sono sempre utili a patto che non impediscano al Pd di maturare posizioni chiare e leggibili. Come in questo momento sui referendum. E a patto che non si giochi a logorare e delegittimare la leadership attraverso una descrizione caricaturale del nostro dibattito. Credo che ora ci siano le condizioni per andare avanti, strutturando sempre di più una base programmatica che ci porti alle prossime scadenze, proseguendo nel dialogo tra le opposizioni e con le forze sociali del Paese. Saranno gli organismi dirigenti nazionali nelle prossime settimane il luogo per portare questo lavoro a sintesi e sostenere l’azione della Segreteria e della Segretaria.

     


    Si dice che lo stato di salute di un Paese lo si percepisce visitando un ospedale o un carcere. Lei nella segreteria nazionale dem è responsabile Sanità, come valuta in questo campo l’azione del governo?

     

    Sulla sanità questo governo è stato ed è disastroso. Prima di tutto perché nasconde ai cittadini la verità: a inizio legislatura la spesa sanitaria sul Pil era del 6,7% ora siamo al 6,05 e la previsione è che si scenda ulteriormente, sotto il 6%, un livello considerato dall’Ocse di pericolo per la tenuta del sistema. I dati sono impietosi: malati che debbono rinunciare alle cure, divari territoriali sempre più gravi, medici e infermieri che fuggono dalle strutture pubbliche per andare all’estero o per lavorare nel privato. Si sta scivolando verso una sanità in cui per curarsi conta il portafoglio o l’assicurazione privata. Così si sta cambiando, senza dirlo, il modello di sanità e si sta mettendo a rischio un patrimonio di coesione sociale incredibile come il Ssn. Ovunque in Italia, ci stiamo mobilitando da mesi contro le politiche di questa destra e per la riforma e il rilancio del Ssn. Abbiamo proposto una legge a prima firma Schlein per portare la spesa sanitaria alla media europea del 7,5% del Pil e per abolire il tetto di spesa per il personale. Ora stiamo licenziando un documento che porteremo alla partecipazione dei nostri iscritti e al confronto con organizzazioni sindacali e professionali, amministratori, associazioni e realtà del Terzo Settore. Mentre dobbiamo impedire che si perda l’occasione del Pnrr con i suoi circa 20 miliardi di investimenti per la sanità, dobbiamo affrontare con serietà il nodo della carenza di professionisti. Senza una riorganizzazione dei servizi e soprattutto senza retribuzioni adeguate faticheremo sempre più a rendere attrattivo il lavoro nei servizi della sanità pubblica. Prevenzione, medicina di prossimità, case e ospedali di comunità, attenzione alla salute mentale e al benessere psicologico, consultori e salute riproduttiva, non autosufficienza: vogliamo promuovere un grande dibattito pubblico per indicare le priorità e le riforme necessarie per salvare il Ssn.

     

     

     

Media

  • Intervista a l'Unità"Ospedali al capolinea, malati senza cure. Ma Meloni se ne infischia"

    Qui la mia intervista rilasciata a Umberto De Giovannangeli.

Diario

  • 10 aprile Roma

    Il mio intervento all'evento "Salute e sanità, il doppio binario"

  • 3-4 aprile Calabria

    Un’altra tappa del viaggio nella sanità in una regione emblematica delle criticità e dei problemi del SSN, la Calabria. Con il segretario del Pd Nicola Irto, il Capogruppo al Consiglio Regionale Mimmo Bevacqua, e i consiglieri regionali Amalia Bruni, Franco Iacucci, Ernesto Alecci, Raffaele Mammoliti siamo stati a visitare l’ospedale di Serra San Bruno, la Casa della Salute di Chiaravalle e l’ospedale di Soverato.

    Servizio TG R

    Servizio La C News24

  • 26 marzo 2025

    Roma