• Marina Sereni

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  • 29 luglio

    “Piu' risorse, piu' diritti e meno Mef. Per la Sanita' si faccia come per la Difesa. Basta compromessi al ribasso”

    Vi propongo l’intervista rilasciata a Giovanni Rodriquez del Quotidiano Sanità a cui ho presentato la prima stesura del documento politico-programmatico sulla sanità che il PD porterà a compimento in autunno.

     

     

    La responsabile Salute del PD, presenta a Quotidiano Sanità la prima stesura della bozza programmatica del partito per rilanciare il Servizio sanitario nazionale.

    Tra le proposte chiave: aumento del finanziamento al 7,5% del Pil, superamento del tetto di spesa per il personale, istituzione dello psicologo di base, rilancio delle Case della Comunità, revisione del Titolo V e una nuova governance partecipata tra le professioni sanitarie. “La sanità non può essere guidata solo dai vincoli del Mef. Servono scelte politiche sui diritti da garantire a tutti”.

     

    Un testo nato da un percorso collettivo, ancora aperto al contributo di professionisti, territori e associazioni. Su questo Sereni è stata chiara: “C’è ancora molto da sviluppare su alcune tematiche ancora troppo poco presenti nel testo come ad esempio la farmacia dei servizi, essenziale soprattutto nelle aree rurali. Senza scordare il Terzo settore, dobbiamo pensare a come valorizzare ulteriormente il loro apporto tanto sul piano sanitario quanto su quello sociosanitario”.


    “Il nostro obiettivo – spiega Sereni – è dare un futuro al Servizio sanitario nazionale, che oggi rischia di trasformarsi da sistema universalistico a sistema per censo. La sostenibilità del SSN la decide la politica, noi dobbiamo capire quali diritti garantire a tutti e di conseguenza decidere quante risorse investire. Non si può continuare a fare il contrario altrimenti avremo sempre compromessi al ribasso”.


    Parole che ricordano molto le conclusioni dell’indagine sulla sostenibilità del SSN approvate all’unanimità dalla Commissione Igiene e Sanità del Senato nel 2015. Allora, in quel documento, veniva richiamata una frase di Roy Romanow usata nelle conclusioni della Commission on the Future of Health Care in Canada: “Il sistema è tanto sostenibile quanto noi vogliamo che lo sia”. Non si tratta di un problema economico (quante risorse sono necessarie), ma si tratta di definire i principi che consentono di specificare i termini della sostenibilità di un sistema sanitario. Un sistema deve essere sostenibile per cosa? Quali tipo di servizi e prestazioni devono essere incluse? Cosa concorre alla sostenibilità del sistema sanitario?

    Troppo spesso la salute e la spesa per salute è stata considerata solo un tema di sanità, dimenticando gli impatti sul sistema economico e produttivo del Paese. La sostenibilità del sistema sanitario è prima di tutto un problema culturale e politico. E la bozza di proposte del PD sembra voler partire proprio da questo.


    Partiamo da qui: perché questo documento e perché adesso?
    Perché è necessario. Il documento nasce da un lavoro condiviso con esperti, responsabili sanità di diverse regioni, parlamentari e operatori del settore. Dopo una lunga mobilitazione abbiamo sentito il bisogno di dire chiaramente cosa vogliamo fare, come lo vogliamo fare e con quali risorse. Non basta infatti limitarsi a chiedere maggiori finanziamenti, il Ssn ha bisogno di un piano programmatico, non di interventi episodici. E per questo abbiamo avviato una consultazione aperta con ordini professionali, sindacati, fondazioni, centri studi e territori. Tutti ci stanno dando contributi preziosi.


    Cosa sta emergendo da questo percorso partecipato?
    Una consapevolezza forte e condivisa: il rischio di passare da un Ssn universalistico a un sistema sempre più segmentato, fondato sulla capacità di spesa dei singoli cittadini. Le disuguaglianze territoriali sono drammatiche, e non più solo Nord-Sud: anche tra regioni grandi e piccole, tra aree urbane e interne. La risposta non può essere il ritorno alla centralizzazione, ma serve una nuova programmazione nazionale, con un vincolo reale sui Livelli essenziali di assistenza, non aleatorio. Dobbiamo riprendere anche il filo di una revisione del Titolo V, come avevamo tentato nel 2016. Anche i commissariamenti e i piani di rientro hanno fallito. Sono serviti talvolta a rimettere in sesto i bilanci, ma non hanno mai portato i cittadini a beneficiare di quelle prestazioni che dovrebbero essere loro garantite. E questo perché la gestione è sempre stata in mano al ministero dell'Economia, ma la salute non può esser vista come un mero costo. La pandemia ce l’ha insegnato, senza salute non si può fare economia, non si può produrre.


    Quali sono i pilastri della proposta del PD?
    Finanziamento, personale, prossimità, prevenzione. Sul piano economico, proponiamo di superare la logica del “quanto possiamo permetterci” e partire invece da “quali diritti vogliamo garantire”. Non possiamo accettare che alla sanità vada meno del 7% del Pil mentre ci si impegna al 5% per la Difesa. Come per la Difesa, anche per la Sanità serve una volontà politica. Si parta dalla necessità di un finanziamento ancorato a quello dei maggiori Paesi europei e non si faccia l’inverso, partendo cioè dalle risorse a disposizione, altrimenti è inevitabile una decisione al ribasso. E bisogna anche cambiare la base del finanziamento: oggi il Ssn è pagato, di fatto, quasi esclusivamente da pensionati e lavoratori dipendenti. Bisogna rendere più equa la fiscalità.


    Il personale sanitario è sempre più demotivato. Quali sono le vostre proposte?
    Serve una vera strategia nazionale. Il superamento del tetto di spesa sul personale, così come ipotizzato dal Governo, è stato un fallimento. I piani di fabbisogno di personale sono una competenza regionale, la Consulta ha dichiarato incostituzionale la loro approvazione da parte del Mef. Nei fatti, quindi, nonostante quanto sbandierato dal governo fin dall’estate dello scorso anno, il tetto di spesa per il personale sanitario è tuttora vigente. E oggi non si può né assumere con concorsi (che vanno deserti) né, giustamente, con contratti a gettone. Il rischio concreto è quindi quello di un ulteriore aggravarsi delle carenze. Mancano incentivi per chi lavora in aree interne, montane, svantaggiate. E il piano per 30mila assunzioni annunciato dal ministro Schillaci è scomparso. Dobbiamo valorizzare tutte le professioni: gli infermieri, spesso dimenticati, meritano riconoscimento, motivazione, stipendi più adeguati. E così le professioni sociosanitarie, fondamentali ma ancora troppo poco citate. Se fossi al ministero della Salute mi preoccuperei di fare un tavolo di vera discussione tra le professioni.


    In che senso?
    I medici chiedono giustamente di definire e depenalizzare l’atto medico. Gli infermieri chiedono di poter fare ciò che oggi è riservato solo ai medici, come prescrivere ausili. Dobbiamo trovare una sintesi tra le diverse professionalità, farle lavorare insieme. Serve un tavolo stabile di confronto tra professioni per costruire un nuovo equilibrio e una governance partecipata.


    Case della Comunità: cosa non sta funzionando?
    Il rischio è che diventino contenitori vuoti. Spesso sono poliambulatori aperti a ore, senza équipe multiprofessionali, senza apertura h24, senza un vero cambio di paradigma verso la medicina d’iniziativa e la prevenzione. Dobbiamo far sì che funzionino davvero, con medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali che lavorino insieme. E dobbiamo coinvolgere anche enti locali e terzo settore, senza scaricare su di loro il peso della carenza di risorse.


    Prevenzione e salute mentale: quali proposte concrete?
    Proponiamo che, a fronte del dibattito apertosi in UE sul tema della Difesa, si inizi a parlare anche di Salute come di una spesa di investimento. Almeno tutte le spese per la prevenzione dovrebbero essere considerate investimenti, non semplici costi. E vogliamo finalmente istituire lo psicologo di base, figura ormai urgente. C’è un testo condiviso alla Camera, fermo per mancanza di fondi. Ma se non si investe nella salute mentale – soprattutto per i giovani – rischiamo che un disagio diffuso diventi patologia grave. Il bonus psicologo non basta. Quella per noi era una proposta transitoria. Serve una rete vera, strutturata e servono proposte che vadano oltre un semplice bonus.


    Qual è la vostra posizione sulla sanità integrativa?
    Siamo contrari a ogni tentativo di sostituzione del pubblico. Alcune proposte, come quella di Forza Italia, vogliono superare il concetto stesso di sanità integrativa per creare una “sanità complementare” che in realtà aggira il Sistema sanitario nazionale. Per noi la sanità integrativa deve restare tale: coprire ciò che il pubblico non garantisce, avere funzione mutualistica e non trasformarsi in un sistema parallelo a pagamento.


    Finita l’emergenza Covid, è sparito il tema sulle strutture ospedaliere. Eppure...
    Gli ospedali sono spesso obsoleti, sia per sicurezza che per sostenibilità ambientale. Due ospedali su tre hanno più di 50 anni, e uno su tre è
    stato costruito prima del 1940. Va colta l’occasione di realizzare un nuovo Next Generation EU per un grande piano di rinnovamento dell’edilizia ospedaliera. Le risorse dell’articolo 20 sono insufficienti e di difficile utilizzo. Serve un nuovo piano per ospedali “green” e tecnologicamente avanzati, all’altezza delle sfide della medicina moderna.


    Farmaceutica e ricerca: qual è la strategia del PD?
    L’Italia è un’eccellenza nella produzione e ricerca farmaceutica. Dobbiamo sostenerla con una politica industriale seria. La spesa per i farmaci cresce più del finanziamento del Ssn: servono sedi di confronto tra Aifa, Regioni e aziende per gestire questa dinamica. Vogliamo promuovere l’uso di biosimilari, ma sempre con valutazioni scientifiche. Questa però non deve essere inquadrata come una mossa contro le aziende. La premessa, anzi, è il riavvio di una vera politica industriale e di investimenti per la farmaceutica.


    Qual è il passo successivo?
    Da qui all’autunno continueremo il confronto, raccoglieremo proposte, ascolteremo territori e professioni. L’obiettivo è costruire una piattaforma solida che possa essere anche base di lavoro per un campo largo dell’opposizione. Vogliamo un Ssn più giusto, più efficiente e più umano. E siamo pronti a difenderlo con ogni strumento politico.

     

    PER IL DIRITTO ALLA SALUTE, PER LA SANITA' PUBBLICA, LE PROPOSTE DEL PD.

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